(Guido Mocellin*) È stata una settimana di scoperte.
Io ho scoperto l’acqua calda. Sì, perché «La sindrome dei divorziati risposati»,
cioè il periodico ritorno della notizia che la Chiesa di Roma non ammette alla
comunione eucaristica i divorziati risposati a meno che non vivano «come
fratello e sorella» era il titolo del mio primo articolo (correva l’anno 1997, lo pubblicò Famiglia oggi) dedicato
all’informazione religiosa sui grandi mezzi.
Dunque, sono passati quasi tre lustri, e «scopro»
che 51 dei 274 links italiani ed esteri che Il Sismografo ha «preso in rete» dall’alba di domenica 6 ottobre alla
tarda serata di venerdì 10 a proposito della III Assemblea straordinaria del
Sinodo dei vescovi, dedicata a «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto
dell’evangelizzazione», puntano sull’eventualità che la Chiesa di Roma
decida di ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati anche se
non vivono «come fratello e sorella».
E altri 46 links puntano sulla dialettica tra
dottrina e pastorale, o tra legge e misericordia, che rappresenta in
sostanza lo sfondo e/o il contesto entro il quale maturerà o meno la decisione
di cui sopra.
Naturalmente trovo più realistica, dal punto di
vista dei media, l’attenzione di oggi di quella di ieri. Ho ripetuto spesso,
infatti, che la notizia di quel «no» non era, giornalisticamente, una gran
notizia: una dottrina già ampiamente nota veniva di volta in volta confermata,
e l’enfasi che essa otteneva in pubblico si giustificava solo per l’attesa,
delusa ma onestamente infondata, del contrario.
Lo sarà invece, quella del «sì», se mai verrà. Ma
anche se non verrà, non v’è dubbio che oggi quell’attesa pare più fondata. Dunque,
credo che di titoli sulla comunione ai divorziati risposati ne conterò ancora
parecchi. Almeno lungo i prossimi dodici mesi, quando le Chiese locali saranno
chiamate, paese per paese, diocesi per diocesi, comunità per comunità, a
confrontarsi su quanto emergerà dal Sinodo in corso e a offrire ai propri
vescovi ulteriori elementi per pronunciarsi nel Sinodo ordinario del 2015.
Il terzo tema maggiormente enfatizzato sinora
rispetto al Sinodo, sempre stando alla rassegna stampa de Il Sismografo, riguarda la ripresa di investimento nel metodo
sinodale e le attese e le richieste che Francesco in proposito rivolge ai
vescovi: 36 link, sempre sommando Italia e resto del mondo.
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E se è vero che queste parodie non ci raccontano
qualcosa che gli autori sanno del papa, bensì qualcosa che sul papa hanno colto
leggendo i giornali, abbiamo la conferma che la copertura che i giornali stanno
dando a questo Sinodo è incomparabile rispetto ai precedenti. Converrà
guardarci dentro.
Come già accadeva in quella, celeberrima, della «consegna
del frigo» alla vedova Crocetti, anche stavolta lo sguardo col quale Crozza
interpreta Francesco è benevolo, di apprezzamento per la sua sintonia col
«sentire comune» e direi quasi di affetto, ma preoccupato del suo isolamento: solo
che nella scenetta del «frigo» era un isolamento generale rispetto all’egoismo diffuso,
mentre questa volta si tratta strettamente di isolamento rispetto all’istituzione
ecclesiastica.
I cui esponenti sono dipinti a tinte decisamente
fosche: autoreferenziali; ossessionati – in un modo o nell’altro – dal sesso, usano
due pesi e due misure nel giudicare se stessi rispetto al cristiano comune e
nascondono dietro un ossequio di facciata la propria indifferenza alle aperture
cui il papa li spinge.
Anche stavolta, qualche passaggio mi ha divertito,
malgrado i molti stereotipi. Quelli sulle coppie, in particolare, non irridono
le loro scelte, ma l’ipocrisia dell’istituzione, nel fingere di crederle
rappresentative delle coppie cristiane in generale. E le repliche di Francesco
dicono della sua consapevolezza (non necessariamente approvazione) in ordine
alla vita reale.
Ma nel complesso non mi è parsa una parodia
centrata. Ho fiducia che il Sinodo stia andando molto meglio, che papa
Francesco sia stato assai più ascoltato, nell’appello iniziale a «parlarchiaro» da cui la scena prende avvio; che non sia così isolato, e che stavolta Crozza abbia
letto i giornali un po’ in fretta...
Ciò di cui in ogni caso – come ha chiesto egli
stesso – lo perdono, non foss’altro per aver concluso il suo numero citando un
testo-base dell’escatologia pop come L’anno
che verrà di Lucio Dalla.
* Caporedattore de Il Regno, www.ilregno.it
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