(Luis Badilla
– Alessandro Notarnicola) Nel
documento conclusivo della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi
(Relatio
Synodi) "Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto
dell’evangelizzazione" la parola "laici" si ripete per tre volte
e per una sola "laicato”, nei 62 paragrafi che compongono complessivamente
un totale di 18 cartelle: ai nn. 38, 46, 49 e 59.
Queste pochi cenni non
sembrano dare un giusto peso e adeguata rilevanza a una componente fondamentale
della Chiesa, componente che tra l’altro è stata esortata più volte dal santo padre
a partecipare con maggiore interesse, vitalità e coinvolgimento all’attività
ecclesiale.
Nel paragrafo 4 dell'art.
9 del Catechismo della Chiesa
cattolica si sottolinea che ai laici spetta illuminare e ordinare tutte
le realtà temporali, alle quali essi sono strettamente legati, e che dunque la
loro "iniziativa" - e aggiungiamo intervento nelle questioni
dibattute dai membri della Chiesa - è particolarmente necessaria quando si
tratta di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina
e della vita cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche.
Ma di questo passaggio, in
particolare delle sue idee principali, nel documento sinodale non c’è nessun
cenno e siccome è un documento di un lavoro in
fieri vale la pena richiamare l’attenzione.
Si potrebbe dire, in senso
figurato: "Ora lasciamoci il Sinodo alle spalle".
E perché? Perché la diga è
stata aperta e la sua rinnovata attualità si riflette nella realtà vera, quella
che conta, quella che da futuro diventa presente, che si avvicina in modo
piuttosto impegnativo alla dimensione laicale, la quale certamente in queste
“effervescenti” settimane sinodali ha rappresentato una porzione significativa,
seppure da più parti criticata perché insufficiente.
E' su questo terreno, in
questa stessa componente ecclesiale, che si giocherà e si vedrà il futuro e lo
sbocco del processo aperto dal Sinodo straordinario sulla famiglia.
Il XIV Sinodo ordinario
dell'ottobre 2015 sarà una prosecuzione riveduta e migliorata di ciò che si
conclude oggi, una nuova splendida tappa per continuare pienamente sulle orme
del Concilio Vaticano II, solo se i laici prenderanno la parola e
s’impegneranno seriamente e coerentemente in ogni fase e iniziativa del
percorso.
Se non sarà così, vorrà
dire che i laici cattolici non si sono interessati pienamente e responsabilmente
a una questione che - a ragion veduta - è tanto vitale per la Chiesa, quindi
anche per il laicato tanto che saranno essi stessi a spegnere per molti anni
ogni speranza.
La Chiesa è un “affare” di
tutti, laddove per affare s’intenda una barca che resta a galla se tutti i
rematori la guidano in sintonia ai movimenti con i quali il timoniere affronta
i flutti e le intemperie.
E ciò riguarda tutti i
laici, ogni laico, e non solo coloro che vivono la fede organizzati in diversi
movimenti apostolici.
A questo punto è
necessario ricordare il decreto conciliare sull'apostolato dei laici (Apostolicam
actuositatem) nel quale si riconosce che il laicato "penetra un po'
alla volta l'ambiente di vita e di lavoro". Si legge: "I laici devono
assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come compito proprio e in esso,
guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità
cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini devono
cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la
propria responsabilità; dappertutto e in ogni cosa devono cercare la giustizia
del regno di Dio" (n. 7).
Inoltre il decreto
aggiunge: "La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli
uomini, che si raggiunge con la fede in Cristo e con la sua grazia. Perciò
l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di tutto a
manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i fatti e a
comunicare la sua grazia. Ciò viene effettuato soprattutto con il ministero
della parola e dei sacramenti, affidato in modo speciale al clero, nel quale
anche i laici hanno la loro parte molto importante da compiere « per essere
anch'essi cooperatori della verità » (3 Gv 8). È specialmente in questo ordine
che l'apostolato dei laici e il ministero pastorale si completano a
vicenda" (n. 6).
La Chiesa, ha detto papa
Francesco una settimana fa nel corso dell’udienza generale, si fa “tenda e
città”, poiché essa ha una sola missione riconducibile a ogni cristiano
battezzato che in questa visione dell’insieme si riveste di un ruolo cardine.
Nella Chiesa, ha poi soggiunto in un'altra occasione, “non c’è né grande né
piccolo: ognuno ha la sua funzione”. Tutti siamo membri, ha detto, “che siano
più grandi o più piccoli” rispondono alla “vocazione di servizio nella Chiesa”:
“Nessuno deve sentirsi piccolo, troppo piccolo rispetto ad un altro troppo
grande. Tutti piccoli davanti a Dio, nell’umiltà cristiana, ma tutti abbiamo
una funzione. Tutti! Come nella Chiesa […] Io farei questa domanda: chi è più
importante nella Chiesa? Il papa o quella vecchietta che tutti i giorni prega
il Rosario per la Chiesa? Che lo dica Dio: io non posso dirlo. Ma l’importanza
è di ognuno in questa armonia, perché la Chiesa è l’armonia della diversità”.
Il Documento conclusivo del Sinodo straordinario, cosiddetto Lineamenta di quello del 2015, ora è
sulle scrivanie dei vescovi di tutti le diocesi del mondo e ciascuno ha il
dovere di convocare le proprie comunità ecclesiali per analizzarlo, discuterlo,
studiarlo possibilmente con iniziative adeguate capaci di coinvolgere l'intera Chiesa
domestica.
In queste Chiese locali e
particolari la componente del laicato, ovunque, è predominante e il lavoro dei
laici in questo senso segnerà gradualmente il futuro del dibattito aperto dal papa
e sostanzialmente fatto proprio dai padri sinodali.
Poche volte il futuro
della Chiesa cattolica era stato così alla portata dei laici a condizione però
che lo vogliano e si assumano il dovere di sentirsi membri pieni della Chiesa.
Un laicato passivo, peggio
ancora docile manovalanza di comportamenti e atteggiamenti clericali, un
laicato "più papista del papa" - e si tratta purtroppo di una
condotta molto diffusa - segnerebbe la morte del processo aperto dal Sinodo
straordinario.
Un laicato passivo
nuocerebbe in prima istanza alla comunità ecclesiale e alla vitalità della
Chiesa, e alla società tutta: grazie alla loro presenza, la Chiesa è "il
principio vitale della società" ed è mirabilmente viva e apostolica perché
essi sono la Chiesa.
Seguendo tali considerazioni, è proprio dal punto di vista
della continuità che essi devono avere una coscienza e una visione delle cose
sempre più chiara e sperimentale. Potremmo dire giustamente “partecipazione
dovuta e responsabile”.
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