(Luigi
Lorenzetti*) Come annunciare la morale cristiana (valori e norme
morali) agli uomini e donne del nostro tempo? È una domanda
ineludibile, quasi una sfida alla quale cercano di rispondere, in
tema di morale sessuale, matrimoniale e familiare, due Sinodi dei
vescovi (straordinario 2014 e ordinario 2015).
Due
tipi di pastorale sono impari alla sfida. Una pastorale si limita a
ribadire e richiamare le norme morali e, così, conclude
inevitabilmente con la disapprovazione di comportamenti praticati.
L’altra resta impegnata ad abbassare le norme morali e, così,
arriva a giustificare e a legittimare i comportamenti praticati.
L’una
e l’altra, sia pure per vie diverse, sono deficitarie: la prima,
con la semplice condanna e disapprovazione, aggiunge frustrazione a
frustrazione, scoraggiamento, senso di colpa. Ugualmente mancante è
la seconda nell’indulgere a facili giustificazionismi:
giustificare, infatti, significa impedire di crescere, e interrompere
il cammino morale.
Serve
una pastorale che annuncia la morale cristiana (valori e norme
morali) in attenzione, anzi in ascolto
della persona che «conosce ama e compie il bene morale secondo tappe
di crescita» (cf. Familiaris consortio,
n. 34). È la pastorale che segue la legge
della gradualità o, meglio detta, la legge
dell’ascolto. Non rinuncia a proporre la
meta dell’ideale evangelico (amore/agape, oblativo), ma è attenta
ai pellegrini che, incamminati alla stessa meta, non tutti segnano lo
stesso passo: alcuni camminano spediti, altri fanno fatica, altri
ancora si fermano o tornano indietro. La Chiesa, comunità cristiana,
accoglie tutti per come sono, aiutando a divenire quello che ancora
non sono.
Papa
Francesco propone con insistenza la pedagogia ecclesiale: «Senza
sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con
misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone
che si vanno costruendo giorno per giorno». Nell’orizzonte il bene
perfetto esorta la pastorale a saper
valorizzare e apprezzare il bene possibile
(cf. Evangelii
gaudium, n. 44-45).
A
differenza della morale kantiana, che ricorda solo doveri da
compiere, la morale cristiana, in nome del Vangelo, dischiude
traguardi, indica direzioni e possibilità, fonda promesse. La morale
cristiana è (deve essere) morale della speranza: là dove sembra che
non ci sia più nulla da fare, sa dire: «alzati e cammina»; là
dove non si vede che ombra e impasse,
aiuta a scoprire, a partire dalla situazione concreta nella quale la
persona si trova, inedite e imprevedibili possibilità e grazie.
*
Teologo, direttore emerito di Rivista di teologia
morale.
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