(Basilio
Petrà*) La Relatio post
disceptationem sembra
indicare che il lavoro di questa settimana non sia stato inutile. Vi
si respira un’altra aria, un altro modo di affrontare i problemi.
L’attitudine positiva, fiduciosa, aperta, “inclusiva” emerge a
ogni passo: si vuole cercare il positivo ovunque, un punto di
aggancio perché si possa sviluppare un dialogo pastorale rispettoso
e costruttivo.
Le parole dedicate a “Il discernimento dei valori
presenti nelle famiglie ferite e nelle situazioni irregolari” (nn.
17-20) sono molto suggestive e stimolanti, anche se la loro
armonizzazione con le dottrina non è immediata né facile.
Degno
di nota è l’interrogativo con il quale comincia il n. 50: “Le
persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità
cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo
loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?”. Il
magistero mai si era espresso così. Anche il titolo scelto per i nn.
40-49, “Curare le famiglie ferite" (separati, divorziati non
risposati, divorziati risposati), dà la misura di un notevole
passo avanti nel pensare il rapporto con queste situazioni pastorali
difficili.
Qualcosa
si è dunque davvero mosso e nel Sinodo “è risuonata chiara la
necessità di scelte pastorali coraggiose”(n. 40): “I padri
sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che
partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari,
riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più ‘subite’
che scelte in piena libertà”(n. 40).
La
Relatio
sottolinea, sulla scia di papa Francesco (Evangelii
gaudium, n. 169), la
necessità di apprendere l’”arte dell’accompagnamento” e di
camminare al “ritmo salutare della prossimità”(n. 41), ed è in
questa luce che affronta il problema pastorale dei divorziati
risposati. Dedica almeno tre numeri alle varie richieste di
snellimento delle procedure canoniche dando grande rilievo al ruolo
che il vescovo locale può e deve avere nella determinazione della
nullità. Affronta poi formalmente il problema della comunione ai
divorziati risposati, mostrando perplessità sulla soluzione della
“comunione spirituale”, rinviando piuttosto alla possibilità di
un cammino penitenziale, sotto la responsabilità del vescovo: “Si
tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un
discernimento attuato caso per caso”(n. 47). Naturalmente, non si
dimentica che “riguardo alla possibilità di accedere ai sacramenti
della penitenza e dell’eucaristia, alcuni hanno argomentato a
favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento
teologico”(n. 47); ciò non toglie però che “altri si sono
espressi per una maggiore apertura”(ivi).
Questa
relatio
apre al futuro e apre il futuro, non semplicemente perché rinvia
alle Chiese (vescovi e popolo di Dio) e al Sinodo ordinario del 2015
la discussione delle varie proposte, ma principalmente perché si
affida con fiducia all’azione dello Spirito che muove il mondo e
che aiuterà certamente la sua Chiesa a “trovare vie di verità e
di misericordia per tutti”. Molto c’è ancora da riflettere e ci
sono ancora passi avanti da fare: tuttavia, la via ora è aperta, si
può cominciare a camminare.
* Teologo.
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