Linee-guida per la recezione dell'Amoris laetitia
Carissimi presbiteri e operatori della pastorale
familiare,
nella Lettera
ai presbiteri delle diocesi della Campania, seguita al dibattito nell’Assemblea
della CEC del 10-11 ottobre, noi vescovi ci impegnavamo ad offrire alcune linee
comuni per la recezione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia. Vogliamo adempiere a quanto indicato dal papa
stesso nel numero 300 del documento: «I
presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento
della Chiesa e gli orientamenti del vescovo».
Come vescovi della stessa
regione, riteniamo opportuno avere in comune
alcune linee, le quali non intendono essere una sorta di “prontuario”, che
mortificherebbe la ricchezza del Documento, bensì degli orientamenti a sostegno
dei sacerdoti e degli operatori della pastorale familiare, ferma restando la
facoltà di ciascun Vescovo di dare suoi orientamenti.
NUOVE VIE PASTORALI
Prima di soffermarci
sull’accompagnamento delle persone che vivono in situazioni di fragilità
matrimoniale, intendiamo rivolgere alcune esortazioni sulle “nuove vie
pastorali” da sviluppare in ordine alla crescita dell’amore degli sposi e
all’accompagnamento dei giovani al matrimonio. Senza pretendere di presentare
qui un’organica pastorale della famiglia, ci limitiamo a segnalare alcune delle
principali sfide pastorali (cf. capitolo VI, Alcune prospettive pastorali).
1. Innanzitutto esortiamo i
presbiteri e gli operatori di pastorale familiare a una lettura non affrettata
né parziale (limitata al capitolo VIII) del Documento ma ad approfondirlo in
tutte le sue parti.
2. Consigliamo di valorizzarlo con
una recezione sinodale: presbiteri, operatori di pastorale familiare,
responsabili degli uffici diocesani, coppie ecc.
3. Esortiamo ad annunciare in modo
integrale il Vangelo del Matrimonio, facendone riscoprire soprattutto la
bellezza, la grazia del Sacramento, la vocazione alla santità, il valore
dell’unità e della fedeltà, le famiglie cristiane come principali soggetti
della pastorale familiare (200). «Non si
tratta soltanto di presentare una normativa, ma di proporre valori» (201) … «Neppure serve pretendere di imporre norme
con la forza dell’autorità» (35). Al tempo stesso dobbiamo essere umili e
realisti, utilizzando un linguaggio
non astratto ma che esprima la vita concreta delle coppie e delle famiglie,
indicando con chiarezza la meta e condividendo, nello stesso tempo la fatica e
le difficoltà per raggiungerla.
4. Occorre anzitutto attivare una
“preparazione remota” che faccia maturare l’affettività e l’amore degli
adolescenti e dei giovani, valorizzando soprattutto il tempo del fidanzamento.
5. La preparazione prossima al
matrimonio deve concentrarsi più sul Kerigma
e meno sugli aspetti tecnici, divenendo sempre più una sorta di iniziazione
catecumenale al sacramento.
6. Si rende indispensabile
accompagnare gli sposi nei primi anni di vita matrimoniale. Nello stesso tempo
bisogna valorizzare le occasioni nelle quali si possono incontrare le coppie di
sposi giovani che si sono allontanate: «Mi
riferisco, ad esempio, al battesimo di
un figlio, alla prima comunione, o quando partecipano a un funerale o al matrimonio di un parente o di un
amico… Un’altra via di avvicinamento è la benedizione delle case, o la visita
di un’immagine della Vergine…» (230).
7. Promuovere la nascita dei gruppi
di famiglie e accompagnarli con un cammino organico di preghiera, di catechesi
e di condivisione.
ACCOMPAGNARE, DISCERNERE E INTEGRARE
Accompagnare, discernere e integrare la fragilità:
è un’azione pastorale compassionevole e misericordiosa, «positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale
delle esigenze del Vangelo». Non
si tratta di fare sconti sulla verità della chiamata alla perfezione evangelica, ma di “farsi uno” con ogni
persona per dischiudere con l’amore, dall’interno di ogni situazione, la via
che porta a Dio secondo il proposito dell’Apostolo Paolo: «Mi sono fatto debole per i
deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a
ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22).
Il Documento non dà ricette ma apre percorsi da intraprendere e possibilità da scrutare. Se si tiene conto
dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, «è comprensibile che non ci
si dovesse aspettare una nuova normativa generale, applicabile a tutti i casi.
E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento
personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che,
poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi” le conseguenze
o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi»
(300). «Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare
un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono
obbligati a ben discernere le situazioni” (Familiaris consortio, 84). Il
grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere
fattori che limitano la capacità di decisione» (79).
1. Soggetti dell’itinerario di discernimento
a)
Le persone che vivono le diverse situazioni di fragilità o di
imperfezione e che chiedono di essere accompagnate e integrate nella comunione
ecclesiale, dando spazio al loro personale discernimento: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (37).
b) Il sacerdote: «Il colloquio col sacerdote,
in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su
ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della
Chiesa» (300). Si tratta, come la chiama il Papa, di una pastorale “corpo a corpo”: nessun documento o altro soggetto
può esimere il singolo pastore dalla fatica dell’accompagnamento e del
discernimento. Come abbiamo già fatto nella Lettera
ai presbiteri, vogliamo, a tale riguardo, richiamare ancora una volta
alcuni possibili rischi, quali, ad esempio, quello di procedere in ordine
sparso o in modo frammentario, con l’inevitabile conseguenza di mettere in atto
pratiche difformi che inducano a separare sacerdoti, dividendoli in cosiddetti
“lassisti” e “rigoristi”, creando disorientamento tra i fedeli. Al fine di
custodire la comunione ecclesiale, il riferimento al vescovo rimane
fondamentale per il discernimento.
c)
Un “Servizio diocesano” rivolto ai separati e ai divorziati risposati
sia per la verifica della nullità matrimoniale sia per l’eventuale inizio del
percorso di riammissione alla Comunione Eucaristica.
d) “Coppie-guida di altre coppie”: dal momento che non è pensabile che siano
solo i presbiteri ad assumere il compito di guide spirituali, si rivela la
necessità di promuovere la corresponsabilità anche di coppie-guida.
2. Finalità dell’itinerario
Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che «orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio» (300).
Questo cammino non finisce necessariamente nell’accesso ai sacramenti,
ma può anche orientarsi ad altre forme di integrazione proprie della vita della
Chiesa.
3. Tappe dell’itinerario
Esse sono dettagliatamente indicate nella parte dell’esortazione Il discernimento delle situazioni dette “irregolari” (296-300).
Ne evidenziamo alcuni tratti.
a) Viene proposto un discernimento che distingua adeguatamente caso per
caso. «I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi
in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in
affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento
personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con
nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano,
consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a
tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe… C’è
anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo
matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di coloro che hanno
contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta
sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio,
irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (298). «Altra cosa invece è una nuova unione che
viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di
confusione che colpiscono i figli e le famiglie intere, o la situazione di
qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari» (298).
E’ necessario anzitutto che la
persona riconosca la propria situazione di fragilità e che questa non
corrisponde al progetto di Dio sulla coppia umana e non ostenti la propria
situazione «come se facesse parte
dell’ideale cristiano» (297).
E’ necessario che la persona sia
credente e creda nel progetto di Dio sul Matrimonio: ad esempio, se la persona
interessata non accoglie tale progetto divino e accetta il divorzio, allora
viene a mancare la condizione previa per intraprendere un cammino di
discernimento; qui ad essere in questione è la fede, e la fede va suscitata con
l’evangelizzazione.
b) Rileggere la storia del proprio matrimonio per verificare se esso è
valido oppure è nullo.
c) In caso di validità del Sacramento, «sarà
utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati
dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è
entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la
situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul
resto della famiglia…» (300). In particolare, va considerato il rapporto con la comunità
ecclesiale di appartenenza: quali conseguenze ha la nuova relazione sulla
comunità dei fedeli.
d) Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei
limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cf.
301-302), il Documento apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della
Riconciliazione e dell’Eucaristia: «A
causa dei condizionamenti o dei fattori
attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato - che
non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno - si possa
vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita
di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (305). E l’aiuto della Chiesa «in
certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti» (Nota 351). Ma
bisogna evitare di capire questa possibilità come un semplice accesso “allargato” ai sacramenti, o come se qualsiasi
situazione giustificasse questo accesso. Può essere opportuno che un eventuale
accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si
possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna
smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di
comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito
dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.
FORMAZIONE
Siamo sempre più consapevoli che
il vero nodo è la formazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali.
Nella Lettera
ai vescovi di Buenos Aires papa Francesco afferma: «Considero urgente la formazione
al discernimento, personale e comunitario, nei nostri seminari e presbiteri».
Nell’esortazione il papa aveva evidenziato con
forza la necessità della formazione sia dei ministri ordinati sia dei
seminaristi sia degli operatori laici di pastorale familiare: «…necessità di una “formazione più adeguata per i presbiteri, i diaconi, i religiosi e
le religiose, per i catechisti e gli altri operatori pastorali. (…) ai ministri
ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi
attuali della famiglia» (202).
«I
seminaristi dovrebbero accedere ad una formazione più ampia sul fidanzamento e
sul matrimonio e non solo alla dottrina. (…) è importante che le famiglie
accompagnino tutto il processo del seminario e del sacerdozio» (203).
«… La necessità della formazione di operatori laici di pastorale
familiare con l’aiuto di psicopedagogisti, medici di famiglia, medici di
comunità, assistenti sociali, avvocati per i minori e le famiglie, con
l’apertura a ricevere gli apporti della psicologia, della sociologia, della
sessuologia e anche del counseling…» (204).
Nelle diocesi va programmata la
formazione dei ministri ordinati e degli operatori di pastorale familiare con
un programma organico, che sappia dare attenzione alla bellezza del disegno di
Dio sul matrimonio e sulla famiglia, ma anche alla fatica e alla problematicità
nel realizzarlo.
A livello regionale si potrebbe pensare, con la
collaborazione delle due Sezioni della nostra Facoltà Teologica, ad una Scuola
di formazione per operatori di pastorale familiare.
Si
auspica che nel percorso formativo dei seminaristi nei diversi seminari della
regione non manchi la presenza di famiglie.
Alla Facoltà Teologica chiediamo
che non faccia mancare nel percorso formativo, possibilmente in modo
interdisciplinare, un’adeguata attenzione ai complessi problemi attuali della
famiglia.
SERVIZI ECCLESIALI
«I
battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più
integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni
occasione di scandalo (…). Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito
Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti»
(299).
Se i divorziati risposati fanno un cammino di fede
e sono integrati nella comunità ecclesiale, si potranno ritenere superate
alcune forme di esclusione attualmente praticate nell’ambito liturgico,
pastorale, educativo e istituzionale: essere membro del Consiglio pastorale,
catechista, lettore, insegnante di Religione cattolica. Non potendo accedere
all’Eucarestia, non è opportuno istituire divorziati risposati come ministri
straordinari della Comunione. Riguardo alla funzione di padrino o di madrina,
così problematica per la richiesta di tante persone che non praticano la Chiesa
o danno controtestimonianza, si potrà gradualmente arrivare a responsabilizzare
la comunità ecclesiale, tenendo presente quello che scrive il Codice di Diritto
Canonico: «Al battezzando (cresimando),
per
quanto
è possibile, venga dato un
padrino» (can. 872).
CONCLUSIONE
Non vogliamo dimenticare le
persone separate o divorziate, che scelgono di rimanere fedeli. Esse richiamano
la fedeltà come valore fortemente cristiano. La comunità cristiana le
accompagni e le sostenga nel custodire il valore della fedeltà.
Raccomandiamo
anche di non banalizzare mai il mistero della Grazia.
Per questo va coltivata una
profonda spiritualità matrimoniale e familiare. La vita spirituale della
famiglia, infatti, non è una realtà perfetta e confezionata una volta per
sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare.
«Camminiamo,
famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di
più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo
a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (325).
Nessun commento:
Posta un commento