di Vescovi della Sicilia
Orientamenti pastorali Accompagnare, discernere, integrare la fragilità
secondo le indicazioni del cap. VIII di Amoris laetitia
Premessa
Le Chiese di Sicilia hanno ricevuto con gioia l’indirizzo pastorale di
papa Francesco, espresso nell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia (AL), in cui si aprono nuove prospettive all’azione pastorale nei
riguardi della famiglia e, in generale, della vita affettiva umana. Le Diocesi
hanno iniziato la sua ricezione per accogliere sempre più pienamente il Vangelo
della famiglia, essenziale per l’intera comunità ecclesiale e per la società.
Dagli albori della storia la
relazione tra l’uomo e la donna è anche segnata dalla presenza del male e del
peccato, con le sue conseguenze, ma è più for-temente ed efficacemente attratta
dalla vittoria di Gesù risorto, che la redime e le apre le porte dei cieli. La
vita cristiana conosce nei sacramenti momenti privilegiati di incontro con il
Signore e con la comunità, dai quali la grazia accolta si estende alla
quotidianità, la sostiene e la indirizza alla comunione piena con la Trinità
divina. I sacramenti sono strettamente connessi con la vita: pertanto, poiché
la vita coniugale odierna non è esente dai mutamenti epocali, i sacramenti non
rimangono estranei a questi, e particolarmente il matrimonio che congiunge la
vita familiare alla Pasqua.
La cura pastorale dovrà, perciò,
seguire percorsi nuovi, attenti alle nuove situazioni in cui si trovano uomini
e donne battezzati, nei legami che contraggono. Da tempo assistiamo alle
dolorose ferite cui questi mutamenti danno talvolta origine, nei quali si
evidenzia una più acuta fragilità.1 Data nondimeno
l’innumerevole varietà delle situazioni, si esige un responsabile discernimento,
affidato, soprattutto, ai presbiteri e ai laici impegnati nel sostenere il
cammino di persone che vivono situazioni di fragilità. L’esortazione apostolica
chiede che questo delicato compito sia svolto secondo l’insegnamento della
Chiesa e del Vescovo diocesano (cf. AL
300). Sebbene ogni Vescovo potrà offrire alla propria Chiesa locale le
indicazioni più opportune, nella fraterna comunione che lega noi, vescovi dell’Isola,
desideriamo dare alcuni Orientamenti comuni che aiutino la
riscoperta della gioia dell’amore nelle famiglie.
Riproponiamo il sacramento del
matrimonio come forma culminante di ogni relazione d’amore tra l’uomo e la
donna, perché esso la lega con il miste-ro pasquale di Cristo e con la sua
donazione alla Chiesa.2 Dinanzi a tendenze che riducono il vincolo
matrimoniale unico e indissolubile a puro abito culturale, il Vangelo indica
valori e offre motivazioni per scoprire che tale vincolo s’inscrive nel cuore
dell’uomo e della donna, secondo il progetto originario di Dio.
La comunione della coppia e della
famiglia è sacramentale, partecipa, ossia ripresenta e si sostiene per la
comunione d’amore che è Dio-Trinità. Se gli sposi non incontrano e non s’incontrano
in Dio, in una visione di fede, tutto rimane relegato agli sforzi umani, non di
rado destinati al fallimento. L’ideale evangelico rimarrebbe una chimera. Fuori
di Cristo la visione delle relazioni umane rischia di scadere in una confusione
disorientante.
«Al tempo stesso dobbiamo essere
umili e realisti […]; abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio
troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione
concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa
idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia
nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e
attraente, ma tutto il contrario» (AL
36).

La prima novità di AL, particolarmente nel cap. VIII, è lo
sguardo sulle situazioni concrete, secondo il dettato della Evangelii gaudium che considera la
realtà superiore all’idea (cf. EG
31): «La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre
quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione […]. Sono da evitare
giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è
necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo
della loro condizione […]. Nessuno può essere condannato per sempre, perché
questa non è logica del Vangelo!» (AL
296-7).
Una seconda novità è conseguenza di
un altro principio enunciato nella Evangelii
gaudium (EG 222): «Ricordando che
il tempo è superiore allo spa-zio, desidero ribadire che non tutte le discussioni
dottrinali, morali o pastorali, devono essere risolte con interventi del
magistero» (AL 3). Consequenzialmente,
non possiamo attenderci norme uniche per ogni situazione, ma sarà necessario un
discernimento lungo il tempo tra le diverse situazioni, che non chiuda a priori
o per decreto la possibilità della comunione ecclesiale ad alcuno, tenendo
conto di diversi livelli di complementarità: tra discernimento personale e
pastorale (cf. AL 122), tra foro
interno e foro esterno (cf. EG 44),
tra partecipazione ecclesiale e accesso ai sacramenti (cf. AL 299). In proposito, non è di poca importanza quanto papa
Francesco afferma in EG 47: «L’Eucaristia,
sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i
perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli»; non a caso questo
testo è citato alla nota 351 di AL
305.
In un cammino che si distende nel
tempo, discernimento e accompagna-mento divengono parole/azioni cardine sia dei
ministri e degli operatori pastorali sia dei fedeli.3 Questo
richiede che noi pastori ascoltiamo con affetto i fedeli, incoraggiandoli a
parlare con noi e con coloro cui affidiamo il compito del discernimento.4

ORIENTAMENTI
1.
I CRITERI GENERALI
Dopo due numeri introduttivi
(291-292), il capitolo VIII offre precisi criteri per individuare il cammino
umano, spirituale e pastorale necessario a ogni discernimento:
a)
la gradualità nella pastorale (AL 293 – 295);
b)
il discernimento delle situazioni
dette “irregolari” (AL 296 -300);
c)
le circostanze attenuanti nel
discernimento pastorale (AL 301
-303);
d)
le norme e il discernimento (AL 304 -306);
e)
la logica della misericordia
pastorale (AL 307 -312).
L’oggetto principale del capitolo è
l’azione pastorale in quelle situazioni che non corrispondono ancora, o non
più, all’insegnamento della Chiesa sul matrimonio, ma che, tuttavia, non devono
impedire alla Chiesa il tentativo di integrarle. Il capitolo chiede di guardare
alla concreta storicità delle persone e delle coppie, che esige accompagnamento
e discernimento saggi e protesi alla valorizzazione-integrazione delle
situazioni.
Chi sono i destinatari
di tale accompagnamento e discernimento:
·
coloro che hanno stretto un vincolo
solo civile;
·
coloro che non hanno alcun vincolo:
i conviventi;
· coloro che sono separati e
divorziati e a volte hanno subito un abbandono ingiusto;
·
coloro che sono divorziati e vivono
una nuova unione;
· coloro che separati rimangono fedeli
al vincolo e non intraprendono una nuova unione.
In queste situazioni non si può
agire con un giudizio immediato, ma occorre accogliere e invitare a un cammino che, per sua definizione, ha
una durata temporale ed è attento alla gradualità.
«L’essere umano conosce, ama e realizza il bene morale
secondo tappe di crescita. Non è una “gradualità della legge”, ma una
gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non
sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di pra-ticare pienamente le
esigenze oggettive della legge» (AL
295). Coloro che sono chiamati a fare discernimento sanno, perciò, che la fede
è incarnata in un’umanità che ha diverse fasi e cambiamenti, i quali incidono
sugli assetti e sugli equilibri spirituali, affettivi e psicologici della
persona.
Nel cammino si discerne con amore
misericordioso nella logica dell’integrazione (cf. AL 312):
- l’integrazione inizia distinguendo
tra le situazioni matrimoniali dette “irregolari”, sopra elencate: le semplici
convivenze, gli sposati solo ci-vilmente e la nuova unione di divorziati
civilmente; nei primi due casi l’integrazione «può essere vista come un’occasione
da accompagnare nello sviluppo verso il
sacramento del matrimonio» (AL
293);
- l’integrazione di “nuove unioni”: si
deve affermare che «non è l’ideale del Vangelo» e il discernimento deve «farsi “distinguendo
adeguata-mente […] le situazioni molto diverse» senza catalogarle o
rinchiuderle in «affermazioni troppo rigide» (AL 298).
Questa logica dell’integrazione, già operante in Familiaris consortio, è dilatata in AL. È utile confrontare le due prospettive.
Familiaris Consortio 84 prevedeva già la
partecipazione attiva alla vita della
Chiesa: ascoltare la parola di Dio, frequentare il sacrificio della Messa, dare incremento alle opere di carità,
partecipare alle iniziative della comunità a favore della giustizia, educare i
figli nella fede cristiana, coltivare lo spirito e le opere della penitenza,
implorare giorno per giorno la grazia di Dio. Rimanevano alcune limitazioni: esclusione dal sacramento
della penitenza e dell’eucaristia, non assoluta ma vincolata a due condizioni,
ovvero astenersi dagli atti proprio dei coniugi ed evitare l’ostacolo alla fede
altrui (remoto scandalo). Si
aggiungevano altre limitazioni in
ambiti di particolare testimonianza cristiana.
Amoris Lætitia. Il papa in AL 299, accogliendo le
indicazioni del Sinodo 2015, afferma anzitutto che bisogna
«discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in
ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere
superate». Inoltre, AL
in due punti afferma che la partecipazione alla vita della Chiesa possa
riguardare anche l’accesso ai sacramenti:
a) poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», quindi le
«conseguenze o gli effetti […] non necessariamente devono essere sempre gli
stessi» (AL 300), alla nota 336 si
precisa che ciò riguarda anche la “disciplina sacramentale”, quando il
«di-scernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa
grave»; b) «a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile
che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente
colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si
possa amare e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità,
ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (AL 305); in nota 351 si afferma che «potrebbe essere anche l’aiuto
dei sacramenti».
Le formulazioni di AL aprono con cautela a un’eventualità
di accesso ai sacramenti, che si colloca solo nel luogo dialogico del
discernimento: non è una norma canonica, ma l’eventuale esito di un cammino,
frutto di discerni-mento e di maturazione personale e pastorale (cf. AL 298).
Il tentativo d’integrazione ha il
fulcro nella pratica del discernimento, che avviene a più
livelli, personale e pastorale (cf. AL
300; 303; 312). Se ne conclude che il discernimento non è un atto istantaneo
(non può risolversi nella domanda di accesso ai sacramenti, magari in occasioni
particolari).
L’accompagnamento
e il discernimento sono condotti fino in fondo, per la strada della
misericordia, verificando anche la
validità del vincolo sacramentale, per un’eventuale dichiarazione di nullità.5
2. LE TAPPE DEL CAMMINO
2.1.
Accompagnare
Il papa invita ad accompagnare
pastoralmente tutte le persone che vivono all’interno della famiglia (AL cap. V). L’accompagnamento è rivolto
soprattutto alle famiglie che, rimanendo ancora integre nella scelta coniugale,
vivono difficoltà di relazioni e contano sull’aiuto
della Chiesa per superare eventuali crisi matrimoniali. È necessaria la
proposta di cammini spirituali, accompagnati da ministri esperti.6

Un’attenzione specifica è rivolta ai
figli dei divorziati risposati, per l’insostituibile ruolo educativo dei
genitori e in ragione del preminente interesse del minore: si tratta di un
elemento non trascurabile, sia dal punto di vista giuridico sia da quello
pastorale.7
Accompagnare non significa solamente
questo, ma soprattutto prendersi cura di queste persone con la consapevolezza
che tale impegno non è per la Chiesa un indebolimento della sua fede e della
sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale; anzi essa esprime
proprio in questa cura la sua carità.8
2.2.
Discernere
È compito principalmente dei
presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento,
secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo.
Di quale discernimento si tratta? E su che cosa?
È un cammino che aiuta la coscienza
a discernere la volontà di Dio nelle situazioni concrete della vita. Tale
esercizio rende pienamente matura la persona. «Il discernimento dei pastori
deve sempre farsi “distinguendo adeguata-mente” con uno sguardo che discerna
bene le situazioni. Sappiamo che non esistono “semplici ricette”» (AL 297). Il papa ricorda che «siamo
chiamati a formare le coscienze e non a pretendere di sostituirle» (AL 37). La volontà di Dio non prescinde
mai dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte
dalla Chiesa; perciò occorrono umiltà, riservatezza e amore alla Chiesa e al suo
insegnamento, per evitare messaggi sbagliati e favorire l’individualismo
pastorale dei sacerdoti e il soggettivismo dei fedeli (cf. AL 300).
2.2.1. Discernimento
pastorale: indica il
compito dei pastori, innanzitutto vescovo
e presbiteri, nei confronti delle persone o di situazioni che sono oggetto dell’azione
pastorale. Esso mira a cogliere la peculiarità delle differenze e delle varie
situazioni, prendendo in considerazione l’insieme delle circostanze
– soggettive e oggettive –,
mettendole in rapporto con l’insegnamento della Chiesa e del vescovo (cf. AL 300), mostrando ai fedeli le vie di
fedeltà e di crescita della vita cristiana nelle situazioni considerate.
2.2.2. Discernimento
personale: indica,
invece, propriamente il discerni-mento esercitato in prima persona dal fedele,
allorché è posto dinanzi alla necessità di prendere una decisione in ordine all’agire
in una particolare situazione. Trattandosi di un cristiano, si suppone che chi
agisce cerchi di essere fedele alla volontà del Signore quale si manifesta
nella situazione stessa. Del resto, è per questo che il fedele si rivolge al
pastore.
2.2.3. L’ambito del discernimento (insieme “personale
e pastorale”) è costituito da due momenti: il foro interno non sacramentale
(colloquio pastorale) e il foro interno sacramentale (sacramento della
confessione).
Il foro interno non sacramentale. In questo ambito, la guida pastorale:
· aiuta la persona a cogliere la
propria responsabilità morale nelle con-crete possibilità della sua situazione;
· concorre alla formazione di un
giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una piena
partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla
crescere (AL 300);
· non potrà mai prescindere dalle
esigenze di verità e di carità del Van-gelo proposte dalla Chiesa (cf. AL 300).
Il foro interno sacramentale. In questo ambito, compito del presbitero è:
·
indicare al fedele l’orizzonte
morale della vita cristiana;
· aiutare la persona a cogliere quanto
dipende e quanto non dipende da lei nella situazione che sta vivendo in quel
momento;
· evidenziare qual è l’ambito delle
sue responsabilità concrete; sostenere e indirizzare la
persona verso le risorse spirituali necessarie per la ricerca sincera della
volontà di Dio e per la conformità a essa.
2.2.4. Alcuni principi utili al discernimento in foro
interno
a) Le circostanze concrete dell’agire possono attenuare o
togliere la colpa morale o diminuirla
«La Chiesa possiede una solida
riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. […] Un
soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel
comprendere “valori insiti nella norma morale” o si può trovare in condizioni
concrete che non gli permettano di agire diversa-mente e di prendere decisioni
senza una nuova colpa» (AL 301).
«Il discernimento pastorale, pur
tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi
carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono
necessariamente le stesse in tutti i casi» (AL
302).9
b) In tali circostanze si può essere in grazia di Dio anche
se si dà una situa-zione oggettiva di disordine morale
Il papa sottolinea che «non è più
possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta
“irregolare” vivono in stato di peccato mortale, privi della grazia
santificante» (AL 301)10.
«A causa dei condizionamenti o dei
fattori attenuanti, è possibile che entro una situazione oggettiva di peccato –
che non sia soggettivamente colpevole oche non lo sia in
modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare e si possa anche
crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della
Chiesa» (AL 305).
c) In circostanze simili, l’aiuto della Chiesa può essere
anche sacramentale secondo la valutazione responsabile del sacerdote
Dell’aiuto sacramentale il papa, che
non intende tuttavia offrire ricette, parla nella nota 351 di AL 305: «In certi casi, potrebbe essere
anche l’aiuto dei Sacramenti».
In alcune circostanze, pertanto,
riguardanti i divorziati risposati secondo la valutazione del confessore e
tenendo conto del bene del penitente, è possibile assolvere e ammettere all’Eucaristia,
anche se il confessore sa che si tratta per la Chiesa di un disordine
oggettivo. Tuttavia, deve essere chiaro che se «qualcuno ostenta un peccato
oggettivo come se facesse parte dell’ideale cristiano, o vuole imporre qualcosa
di diverso da quello che insegna la Chiesa […], ha bisogno di ascoltare
nuovamente l’annuncio del Vangelo e l’invito alla conversione» (AL 297).
d)
Alcuni criteri per una valutazione responsabile da parte del
confessore.
I. La serietà dell’esame di coscienza da parte delle persone
«In questo processo sarà utile fare
un esame di coscienza tramite momenti di riflessione e di pentimento».
«I coniugi divorziati, ad esempio, dovrebbero chiedersi:
· come
si sono comportati verso i loro figli quando l’unione è entrata in crisi;
·
se ci sono stati tentativi di riconciliazione;
·
come è la situazione del partner abbandonato;
· quali
conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei
fedeli;
· quale
esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio;
· il
discernimento deve orientare i fedeli alla presa di coscienza della loro
situazione dinanzi a Dio»
(AL 300).
II. Un pentimento sincero
«In qualunque circostanza – ricorda
il papa – davanti a quanti hanno difficoltà a vivere pienamente la legge
divina, deve risuonare l’invito a percorrere la via caritatis» (AL 306).
Questa accoglienza dell’invito è necessario anche se non si può esigere dal
penitente pentito più di quanto possa dare. Il requisito per accedere ai
sacramenti è il pentimento e l’impegno a percorrere un nuovo cammino, umano e
spirituale, nell’attuale situazione oggettiva in cui si trova la persona, e non
l’astratta perfezione. Vi sono circostanze, infatti, nelle quali ogni norma va
ricondotta al suo fine proprio che è la salvezza
delle anime, il bene delle persone.
2.3.
Integrare
«Il discernimento deve essere
orientato a favorire anche una maggiore integrazione dei battezzati, che sono
divorziati e risposati civilmente, nelle comunità cristiane nei diversi modi
possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è
la chiave del loro accompagnamento pastorale […]. La loro partecipazione può
esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali forme
di esclusione attualmente praticate in ambi-to liturgico, pastorale, educativo
e istituzionale possano essere superate […]. Questa integrazione è necessaria
pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere
considerati i più importanti» (AL
299).
Il discernimento o la via discretionis permette ai pastori di
valutare caso per caso, specialmente riguardo alla progressiva inclusione delle
persone che, trovandosi in una situazione ormai irreversibile, sono
particolarmente bisognose di accoglienza, di accompagnamento e di misericordia.
Per evitare di relegare queste
persone in una sorta di “limbo di fatto” – da una parte, non sono scomunicate,
dall’altra, non sono in piena comunione con la Chiesa – si deve ritenere che la
loro condizione sia temporanea alme-no dal punto di vista spirituale, in quanto
suscettibile di cambiamento, di conversione, di purificazione. Anche papa
Benedetto XVI, in Sacramentum caritatis 29, mette in evidenza che
«nonostante la loro situazione, continuano
ad appartenere alla Chiesa che li segue con speciale attenzione».
CONCLUSIONE
Abbiamo voluto offrire alle Chiese
di Sicilia questi Orientamenti per
aiuta-re i presbiteri e gli operatori pastorali impegnati nel prendersi cura
dei fratelli e delle sorelle che desiderano percorrere un cammino di grazia e
di verità. Essi, introducendo soluzioni pratiche differenziate secondo le
diverse situazioni umane, hanno lo scopo di evitare ogni forma di rigorismo e
di lassismo nell’applicare la dottrina della Chiesa nelle molteplici situazioni
esistenziali, secondo gli insegnamenti del Magistero.
A tal fine è urgente intraprendere
una strategia educativa verso le comunità ecclesiali, soprattutto verso le
nuove generazioni, le quali potrebbero ricevere un messaggio distorto, dannoso
per il vangelo della famiglia, non comprendendo la differenza di risposte e
soluzioni ai diversi casi in cui si trovano le famiglie odierne oppure
assumendo come dato scontato il diritto di accedere in ogni caso ai sacramenti
della Chiesa.
A tutti siano d’incoraggiamento le
parole del papa perché ogni persona, in qualunque situazione si trovi, accolta
nella Chiesa e accompagnata da essa con cuore materno, possa riscoprire la
gioia del dono della fede, illuminato dall’amore: «La Chiesa ha la missione di
annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo
suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona. La Sposa di Cristo fa
suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere
nessuno» (AL 309).
4
giugno 2017, domenica di Pentecoste.
NOTE
1
I Padri sinodali hanno evidenziato «l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che
partano dall’effettiva realtà delle fragilità delle famiglie, sapendo che esse,
spesso, sono più “subite” con sofferenze, che scelte in piena libertà. Si
tratta di situazioni diverse per fattori
personali, culturali e
socio-economici. Occorre uno sguardo differenziato come suggeriva san Giovanni
Paolo II (cf. Familiaris consortio,
84)»: Sinodo dei vescovi, Relatio Synodi
della III Assemblea straordinaria, 19-24 ottobre 2014, 45.
2
Papa Francesco ribadisce nettamente: «Come cristiani non possiamo rinunciare a
proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale,
per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado
morale e umano»: AL 35.
3 papa
Francesco in Evangelii gaudium 169
scrive: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici
– a questa “arte dell’accompagnamento” perché tutti imparino a togliersi i
sandali davanti alla terra sacra dell’altro (Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro
cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno
di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare la
vita cristiana»; cf. Relatio Synodi,
18 ottobre 2014, 46.
4 Il papa, infatti, rivolge un
accorato invito anche ai fedeli: «Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni
complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici
che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una conferma delle
proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che
permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno
scoprire un cammino di maturazione personale» (AL 312).
5
In ciò si seguono le indicazioni del motu
proprio di papa Francesco Mitis Iudex
Dominus Iesus.
6
Relatio
Synodi, 81.
7
Cf. Sinodo dei vescovi, Instrumentum laboris.
Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto
dell’evangelizzazione, 2014, 95. Questo documento preparatorio dell’Assemblea straordinaria notava che nell’attuale
contesto molti ragazzi e giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non
vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti, soprattutto in occasione
della celebrazione dei sacramenti da parte dei figli. Si comprende, quindi,
quanto urgenti siano le sfide poste all’evangelizzazione dalla situazione
attuale.
8
Cf. Relatio Synodi, 51; Relatio finalis, 84.
9
Cf. Francesco, Discorso a conclusione dei
lavori sinodali, 24.10.2015: «E – aldilà delle questioni dogmatiche ben
definite dal magistero della Chiesa – abbiamo visto anche quanto sembra normale
per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo
– quasi! – per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato
violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e
intangibile in un’altra; ciò per alcuni è libertà di coscienza, per altri può
essere confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni
principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben definite dal magistero
della Chiesa – ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se
vuole essere osservato e applicato». Cf. anche GS 44.
10
«Come si sa per la dottrina della Chiesa, la confessione è necessaria per i
peccati gravi o mortali e si hanno peccati gravi solo quando chi agisce sa di
fare un male grave (con consapevolezza morale e non puramente giuridica) ed è
libero di agire diversamente»: ibidem,
246.
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